Solo undici giorni per centrare l’obiettivo formale delle 500 mila firme in calce al quesito che chiede l’abrogazione netta e totale della Legge Calderoli che istituisce l’Autonomia Differenziata, la spacca Italia. Solo undici giorni perché cittadine e cittadini hanno la consapevolezza che quella partita il 18 luglio in Piemonte e il 20 luglio in tutt'Italia con i banchetti organizzati da Cgil, Uil e le altre decine di organizzazioni che compongono il Comitato promotore, è una vera festa della partecipazione e della democrazia.
“Il raggiungimento di 500 mila firme in pochi giorni conferma che quella contro l’Autonomia differenziata è una battaglia condivisa dai cittadini. Non abbiamo alcuna intenzione di accontentarci di questo risultato, perfino inaspettato con questa rapidità”, commenta il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari. L’invito è di non fermarsi, anzi: “Continueremo a raccogliere sottoscrizioni fino all’ultimo giorno utile, non solo sulla piattaforma digitale, ma soprattutto ai banchetti, che stiamo organizzando capillarmente in tutto il territorio nazionale. Per noi la priorità è parlare con le persone: informare, coinvolgere, spiegare”.
Per Ferrari l’obiettivo finale è portare alle urne 25 milioni di elettori, “e possiamo riuscirci solo con una mobilitazione collettiva, di popolo. La nostra è una battaglia democratica, in difesa dell’unità dell’Italia, del welfare universalistico, del lavoro, del contratto collettivo nazionale; che può incrociare anche l’interesse delle imprese a non doversi misurare con venti regimi normativi diversi su materie strategiche per lo sviluppo economico. Moltiplicheremo le iniziative pubbliche a ogni latitudine, per diffondere il più possibile le nostre posizioni e le nostre idee”.
A questo scopo, la Cgil sta dando vita a coordinamenti in tutte le province con le forze politiche, sociali, associative che fanno parte del Comitato promotore del quesito referendario. “L’ostacolo principale – continua Ferrari – che dobbiamo superare per raggiungere il quorum e vincere il referendum non è l’orientamento rispetto alla Legge Calderoli, ma la non conoscenza, da parte dei cittadini, dei pericoli che l’Autonomia differenziata porta con sé, non solo per il Mezzogiorno, che subirebbe più di altri l’acuirsi dei divari territoriali e il peggioramento delle diseguaglianze sociali, ma anche per le fasce popolari del Centro-Nord e per il suo tessuto produttivo, che ha bisogno di politiche industriali e investimenti nazionali ed europei, e non di un ripiegamento localistico e della frammentazione delle politiche pubbliche”.
Quello del governo, conclude il segretario confederale, “un progetto che fa male all’intero Paese. Non è un tema astratto, di architettura istituzionale, ma un provvedimento che avrà ricadute pesanti sulle condizioni materiali di vita e di lavoro delle persone”.
I cittadini e le cittadine hanno compreso che quella autonomia differenziata farebbe male al Paese intero, al Nord come al Sud rendendoci tutti più piccoli e fragili, esposti ai venti delle grandi economie europee e non solo. Hanno capito, quanti hanno già firmato e quanti lo faranno nei prossimi giorni, che i diritti o sono per tutti o non sono, e che un Paese stretto e lungo incuneato nel Mediterraneo non può avere 21 politiche dei trasporti, 21 politiche energetiche, 21 politiche industriali, 21 politiche ambientali, 21 sistemi di istruzioni e 21 sistemi sanitari tutti più fragili e più poveri di risorse.