Il 4, 5 e 6 novembre del 1994 sono passate alla storia come le date interessate dall'alluvione che mise in ginocchio il Piemonte, causando esondazioni, danni, vittime e sfollati specialmente nelle province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino. A generare il fenomeno, all'epoca, le forti precipitazioni che colpirono duramente il fiume Tanaro, il Po e alcuni affluenti.

A distanza di tutto questo tempo, a che punto siamo? Sempre più spesso negli ultimi anni ci troviamo a confrontarci con fenomeni simili, talvolta in prima persona o assistendo a bollettini di stragi climatiche in altre zone del paese, dell'Europa o del mondo. Ciò che ha interessato negli ultimi giorni la Spagna è un esempio lampante di ciò che a tutti gli effetti prende il nome di "strage climatica", e che ha molte caratteristiche simili (per tipologie di danni, per vittime, ecc.) a ciò che accadde in Piemonte nel 1994. Ciononostante, troppo spesso dalle istituzioni c'è lo stesso silenzio di un tempo; silenzio che in Piemonte viene esasperato dal negazionismo climatico da parte della stessa giunta regionale.

Davanti alle mobilitazioni pacifiche di attiviste/i per il clima, infatti, le giunte regionali che si sono succedute negli ultimi anni sono passati dalla piena indifferenza alle scelte di repressione, ponendo limitazioni importanti al diritto di manifestazione acuite dallo stesso governo con la recente approvazione del DDL Sicurezza. Eppure, ciò per cui manifestano è in primis la necessità di mettere sul piatto il problema: la priorità, in questo senso, è che le istituzioni tornino a occuparsi di crisi climatica, riconoscendo un filo rosso tra le problematicità di ieri e quelle di oggi.

Ciononostante, due anni fa il Presidente della Regione Alberto Cirio dichiarava: "Dal 2021 la Commissione europea e il nostro Governo hanno costruito nuove norme per affrontare la transizione ecologica ma la nostra Giunta ha agito ben prima e a giorni approderà in Consiglio per la discussione finale il Piano energetico ambientale, che fornirà la linea di azione sul comparto energetico e su temi quali la decarbonizzazione e il sostegno ai sindaci nel percorso di transizione energetica". Eppure, non è questa la vera ottica con cui il governo regionale sta affrontando la situazione negli ultimi anni: lo dimostrano, ad esempio, i fenomeni di grandine che hanno interessato diverse zone nel torinese negli ultimi mesi, che di fatto non sono stati affrontati.

Occuparsi del problema in maniera lacunosa e soltanto in situazioni di emergenza non rappresenta una politica concreta: in Piemonte come altrove, si rifiuta l'idea di costruire una progettualità sul medio-lungo termine, che preveda soluzioni che parlino davvero della conformazione e delle fragilità dei nostri territori. Questo ci riguarda come cittadine/i ma anche come lavoratrici/lavoratori, in tutti quelle occasioni in cui chiediamo, attraverso la contrattazione, di rendere gli ambienti della manodopera più sostenibili salvaguardando i posti di lavoro. 

Cara Regione, quando smetteremo di chiamare "catastrofisti" le/i manifestanti per il clima?